Le aziende italiane e il rapporto con la Russia
L’interscambio con la Russia, un rapporto che vale 20 miliardi di euro
I rapporti commerciali tra Italia e Russia valgono più di 20 miliardi di euro – secondo i dati ITA – Italian Trade Agency (su base ISTAT), riferiti ai primi 11 mesi del 2021. In Russia, infatti, ci sono circa 500 aziende italiane che hanno aperto un’attività e stabilimenti nei settori dell’energia, automotive, chimica, aeronautica, trasporti, acciaio, agricoltura, che in una situazione come questa sono state costrette a rivisitare il proprio plan industriale. Inoltre, molte aziende del nostro territorio esportano più di 7 miliardi di merce all’anno verso la Russia e in questo momento si ritrovano a fare i conti con un sistema di scambi congelato, in particolare per la scarsità di materie prime e per gli stop alle esportazioni verso la Federazione. Un intero sistema di scambio e di interessi commerciali italiani rischia di essere compromesso dal conflitto bellico tra Mosca e Kiev.
Nonostante le sanzioni introdotte nei confronti della Russia nel 2014 e le conseguenti politiche di import substitution messe in atto dal governo russo, l’Italia è rimasta il settimo fornitore della Federazione.
Osservare la bilancia commerciale oggi ci permette di prevedere e comprendere in quale direzione andranno gli sviluppi futuri e Co.Mark sta già lavorando in tal senso.
La situazione
Le sanzioni occidentali sui comparti dell’economia russa
Le più grandi compagnie di shipping come altre grandi aziende occidentali, attraverso le loro sanzioni hanno provocato un impatto pesantissimo sull’economia russa:
- MSC, primo operatore di container al mondo ha annunciato l’interruzione di tutti i trasporti da/per la Russia.
- Apple ha arrestato le vendite online verso la Russia e le relative importazioni.
- Le case automobilistiche come VW, Mercedes, BMW, Jaguar Land Rover e General Motors, hanno bloccato l’esportazione delle auto nuove e anche l’assemblaggio dei componenti negli stabilimenti russi. Nel settore si assiste infatti ad una corsa all’acquisto di pezzi di ricambio per anticipare la carenza dei mesi a venire.
- Nel settore moda – uno dei principali settori per l’export Europa-Russia – grandi marchi quali H&M, Zara e Prada hanno chiuso i punti vendita in Russia.
Le sanzioni adottate nei confronti dell’economia russa avranno senz’altro durata e ripercussioni sul lungo termine: le aziende dovranno prepararsi e mettersi nell’ottica di modificare le loro visioni, i processi e l’approccio commerciale per i prossimi anni. È fondamentale non temporeggiare in questo momento perché il rischio di perdere quote di mercato e competitività è molto alto.
Gli effetti indiretti subiti dalle imprese che importano materie prime dall’estero
Lo stop ai voli, la svalutazione del rublo e le pesanti sanzioni dell’Occidente hanno esposto anche le imprese italiane che importano materie prime da Mosca e Kiev a ad una situazione di stallo.
Le voci di importazione che stanno risentendo in particolare degli effetti negativi del conflitto bellico sono relative all’industria alimentare e a quella meccanica. Il blocco commerciale e i rallentamenti a causa del caro carburante, freneranno l’import annuale di oltre 100 milioni di kg di grano e di metalli utilizzati nella produzione di componenti, in particolare in acciaio e in ghisa.
Il bilancio export
Qual è il bilancio export dovuto a queste frenate dell’economia vs la Russia?
Le micro e piccole imprese che vendono prodotti in Russia – che compongono il 35% dell’export del nostro Paese – si concentrano principalmente nei settori alimentare, meccanico, moda, mobili, legno, metalli, per cui si tratta di imprese manifatturiere spesso non strutturate per affrontare emergenze di questo calibro, sia dal punto di vista organizzativo che di gestione del rischio. Tra le regioni più esposte sul mercato russo vi è l’Emilia-Romagna, seguita da Veneto, Marche, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia e Lombardia. Per queste imprese lo scenario peggiore sarebbe un conflitto prolungato: il blocco delle attività, delle esportazioni e delle commesse sta producendo impatti al momento non quantificabili, per cui vi è necessità di supporto non solo strategico e manageriale di lungo termine, ma anche sostegno da parte degli enti territoriali e del Governo italiano. In Emilia-Romagna, ad esempio, alcuni enti come Confindustria e Unindustria si stanno adoperando proprio per tutelare il business delle piccole e medie imprese associate.
Quali sono stati gli impatti sulle imprese clienti di Co.Mark – come abbiamo modificato la nostra operatività? Quali soluzioni stiamo mettendo in atto?
Dall’inizio del 2020, abbiamo assistito ad un’incertezza pervasiva nelle proiezioni macroeconomiche del nostro Paese. Il lockdown delle attività produttive ha provocato preoccupazioni e disagi, che hanno però spinto le imprese – di qualsiasi dimensione e settore – a reinventarsi. Come nel 2020, anche alla luce del conflitto Mosca-Kiev, momento caratterizzato da forte incertezza e instabilità economica, i Temporary Export Specialist di Co.Mark stanno collaborando con le imprese clienti nella ricerca di nuove opportunità commerciali in Paesi alternativi all’area CSI e nel supporto allo scouting di fornitori di materie prime e di trasportatori. Co.Mark, infatti, si sta adoperando con tutte le sue forze per aiutare le PMI italiane a superare la fase di empasse, replicando la riorganizzazione del periodo pandemico: è stata attivata “un’unità di crisi” che vede una collaborazione più organica degli Export Manager, per affiancare gli imprenditori colpiti a gestire le problematiche del blocco merci, sostituire i fornitori russi, aprire nuovi mercati e canali.
Mai come oggi le imprese si ritrovano a dover affrontare contesti economici e politici caratterizzati da incertezza e volatilità. Se a questo si aggiungono i nuovi trend emergenti, come la digitalizzazione dei processi sempre più spinta, risulta evidente che occorrono competenze adeguate, risposte rapide e strumenti innovativi per poter rispondere alle difficoltà. Il Temporary Export Manager è una figura poliedrica che opera in outsourcing per affiancare gli imprenditori soprattutto in contesti di necessità anche solo di medio periodo.
Con diverse aziende clienti, nonostante lo shock del mercato a causa del conflitto, i TES hanno preparato un piano B rivisitando gli obiettivi iniziali, insieme agli imprenditori.
Per citare un esempio, con una storica azienda italiana attiva nel settore del vetro e con esperienza pluriennale nell’export verso l’UE e l’USA, il TES ha dovuto spostare l’attenzione dai mercati CSI al mercato sudafricano. La guerra in Ucraina ha reso obbligatorio un cambio di priorità e il metodo finora utilizzato è stato riadattato su nuovi mercati, che si sono dimostrati offrire importanti opportunità per l’azienda perché ancora inesplorati. In un arco temporale di una sola settimana, il TES ha creato le basi per la costruzione di un database mirato, iniziando a lavorare all’organizzazione di trasferte e incontri per la seconda parte dell’anno.
Con un’azienda modenese attiva nella produzione di macchinari per il settore del legno, Co.Mark si è adoperata per cercare mercati ma anche canali di vendita alternativi. L’azienda era già strutturata in modo importante sulla Russia e sull’Ucraina (produceva il 70% del fatturato in queste aree), per cui è nata la necessità di diversificare i mercati obiettivo. Data l’impellente esigenza di trovare nuovi sbocchi, si è deciso di analizzare ed approcciare non soltanto mercati differenti (in questo caso Polonia e area DACH), bensì anche canali di vendita solo parzialmente coperti dall’azienda, in modo da ampliare al massimo la numerosità di prospect e di opportunità di vendita. E non solo. Attraverso la collaborazione sempre più stretta degli Export Manager, che permette anche qualora necessario un’interconnessione tra le PMI clienti, l’azienda modenese è riuscita ad ampliare il proprio parco fornitori e avviare partnership con produttori di componenti alternativi.
Va da sé che i vantaggi di collaborare con figure ad alta managerialità verticale porti i vantaggi, in termini di efficacia, maggiore flessibilità e minori costi.